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Che cos’è la fascite plantare
La fascite plantare è un disturbo della pianta del piede che si manifesta con un intenso dolore al tallone e che riguarda prevalentemente gli sportivi. La sua insorgenza dipende dalla ripetizione continuativa di sovraccarichi eccessivi su tutto il piede, un fattore che predispone alla degenerazione della fascia plantare, conosciuta anche come “legamento arcuato”.
Anatomicamente si tratta di una robusta striscia di tessuto connettivo fibroso posizionata nella parte inferiore del piede, che si estende dalla parte mediana fino al calcagno. La fascia plantare svolge importanti funzioni fisiologiche, che sono:
- proteggere nervi e vasi sanguigni dall’attrito;
- sostenere il piede;
- mantenere la corretta postura dell’arco plantare;
- agganciare alcune fibre muscolari;
- prevenire la dorsiflessione del piede;
- ammortizzare la maggior parte delle sollecitazioni tensive;
- distribuire il peso del corpo sia in fase statica che durante la deambulazione.
Durante la corsa oppure in fase di salto il calcagno si solleva notevolmente da terra e le dita del piede si flettono, contribuendo a tendere la fascia plantare. Simili modificazioni anatomiche consentono di svolgere attività motoria senza provocare conseguenze negative.
La fascite plantare è un disturbo ortopedico che deriva dalla degenerazione del tessuto connettivo che la costituisce: si tratta di una malattia particolarmente comune nelle persone affette da anomalie anatomiche del piede e di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Il sesso femminile è più colpito così come gli individui in sovrappeso, i runner, gli atleti e i ballerini.
Cause e diagnosi della fascite plantare
Anche se non è stata ancora identificato con certezza il fattore eziologico della fascite plantare, la maggior parte degli specialisti concorda nel considerarla come la conseguenza di un‘eccessiva sollecitazione della fascia plantare, sottoposta a stress meccanici e microtraumi. Sostanzialmente si considera questo disturbo come una sindrome da sovraccarico funzionale di tipo muscolo-scheletrico, che può essere provocata anche dall’impiego di calzature inadeguate.
Tra le altre cause di questa patologia vi sono:
- anomalie anatomiche dei muscoli del polpaccio;
- degenerazione del tessuto connettivo;
- arco plantare più alto del normale
- sportivi che affrontano attività fisiche senza un’adeguata preparazione;
- presenza dello sperone calcaneare;
- tendenza all’obesità.
La fascite plantare è un disturbo multifattoriale, che inizialmente può essere asintomatico ed insorgere con violenza dopo uno sforzo eccessivo degli arti inferiori. La sua diagnosi deve essere formulata da uno specialista in ortopedia che, dopo un’attenta anamnesi e dopo uno scrupoloso esame obiettivo di solito è in grado di riconoscere il disturbo. Tuttavia in alcuni casi incerti può essere opportuno ricorrere alla diagnostica per immagini con radiografia del piede oppure risonanza magnetica ed ecografia.
La storia clinica del paziente insieme al tipo di attività professionale possono essere di grande aiuto per identificare la malattia fin dalle prime fasi, quando i sintomi non sono ancora del tutto caratterizzanti.
Anche uno stile di vita particolarmente sedentario, un’inadeguata postura e l’uso di scarpe prive di sistemi ammortizzanti sono altrettante concause di questa sindrome. Grazie all’osservazione della struttura anatomica dell’arco plantare e alla palpazione del calcagno è possibile avere la certezza che un generico dolore al piede in realtà è fascite plantare.
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Sintomi della fascite plantare
Dopo una fase iniziale, generalmente asintomatica, la fascite plantare si manifesta con un dolore graduale localizzato nella parte inferiore del tallone che tende a espandersi verso la pianta del piede.
Dapprima di lieve entità, la sofferenza diventa progressivamente più fastidiosa aumentando in modo particolare dopo un periodo di prolungata inattività come ad esempio al mattino alzandosi dal letto. Il dolore da fascite plantare può essere di vario genere e manifestarsi come bruciore, prurito, fitte o dolenzia sorda, solitamente unilaterale e di intensità soggettiva.
Principali conseguenze
Se trascurata, questa malattia può mostrare una netta tendenza a cronicizzare, limitando moltissimo la vita dell’atleta che non riesce più a svolgere le attività motorie quotidiane.
Una tra le sue conseguenze più comuni è legata all’insorgenza di posture scorrette provocate da compensazioni motorie, per cui il paziente è portato a caricare eccessivamente caviglie, ginocchia ed anche con notevoli ripercussioni anche a livello della schiena.
La cronicizzazione del disturbo può comportare due fatti: da un lato il dolore tende ad assestarsi diminuendo l’intensità, ma d’altro lato si corre il rischio di rottura della fascia stessa, una condizione che richiede un intervento chirurgico.
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Terapia della fascite plantare
Il primo approccio terapeutico a questo disturbo è sempre di tipo conservativo, dato che oltre l’80% dei pazienti è in grado di migliorare notevolmente le loro condizioni rimanendo a riposo e applicando impacchi ghiacciati sulla parte dolorante. Anche una terapia a base fi antinfiammatori FANS si può rivelare estremamente efficace, sempre se associata al riposo assoluto. In un secondo momento, quando il dolore si è attenuato, è consigliabile affrontare un percorso di fisioterapia comprendente rieducazione motoria, esercizi di stretching e di propriocezione.
L’utilizzo di plantari ortopedici e di tallonette viene considerato quasi indispensabile in quanto simili tutori ortopedici permettono alla pianta del piede di rimanere sollevata in modo corretto senza sforzare muscoli né tessuto connettivo.
Quando gli antinfiammatori non steroidei risultano inefficaci è possibile orientarsi verso iniezioni di corticosteroidi che comunque svolgono unicamente un ruolo sintomatico di attenuare il dolore, ma non risolvono il problema. In simili condizioni può essere vantaggioso ricorrere a terapie con onde d’urto, un approccio non invasivo che si avvale di potenti stimolazioni realizzate con apparecchiature analoghe a quelle dell’ecografia.
Soltanto in casi particolarmente gravi diventa necessario ricorrere all’intervento chirurgico con distensione artificiale della fascia plantare che può essere eseguita mediante una tecnica tradizionale oppure di tipo endoscopico.
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Tempi di recupero
In entrambi i casi il paziente deve osservare almeno 2 settimane di riposo assoluto, seguito da una fase di riabilitazione progressiva e graduale. Dalla fascite plantare si può guarire completamente, a patto di seguire scrupolosamente le terapie fisiche e farmacologiche, che possono presupporre tempistiche anche piuttosto lunghe.
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